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Eva Braun e Claretta Petacci: quando l’amore porta alla morte
Il 1945 è un anno fondamentale del Novecento: è l’anno che porta alla fine della Seconda guerra mondiale, il più terribile conflitto della storia dell’umanità con oltre 60 milioni di morti e la successiva suddivisione del Mondo in sfere di influenza e la paura dello scoppio di un conflitto nucleare che si conclude solo il 9 novembre 1989 con la caduta del Muro di Berlino e l’implosione di tutti i regimi comunisti e dell’Unione Sovietica il 26 dicembre 1991. Sono due le date importanti di quel 1945: l’8 maggio si conclude, con la resa senza condizioni della Germania nazista, la guerra in Europa ed il 2 settembre, con la resa del Giappone a meno di un mese dallo scoppio delle due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, ponendo fine al conflitto in Asia e nel Mondo.
Prima di queste, il 25 aprile è la data della Liberazione e la fine della Seconda guerra mondiale in Italia. Eva Braun e Claretta Petacci “vivono” solo una delle due date, quella della fine del conflitto in Italia. Da quel 25 aprile, e tra il 28 ed il 30 aprile, le loro vite cambiano radicalmente: entrambe nate nel febbraio del 1912, sono morte a poche ore di distanza l’una dall’altra. Entrambe non sono mai state impegnate in prima linea nel conflitto, non sono militari, strateghe, crocerossine o assistenti da campo: sono rimaste accanto ai loro uomini che hanno amato fino all’ultimo.
Eva Braun e Claretta Petacci sono state rispettivamente la moglie e l’amante di Adolf Hitler e Benito Mussolini, i dittatori che hanno portato l’Europa ed il Mondo nel baratro della guerra uscendone sconfitti (e morti). Eva e Claretta hanno una sola colpa: aver amato due tra gli uomini più detestati nella storia dell’umanità. Uomini che le hanno altrettanto amate e che le hanno portate a morire con loro. Vediamo chi sono Eva Braun e Clarice Petacci detta Claretta.

Giovinezza e famiglia di Eva Braun e Claretta Petacci: due donne a confronto
Eva Braun nasce il 6 febbraio 1912 a Monaco di Baviera, nell’allora Secondo Impero Tedesco, secondogenita di Franziska Kronberger (prima sarta e poi casalinga, di religione cattolica ) e Friedrich Braun, insegnante di fede luterana. E’ la seconda di tre figlie: Ilse (nata nel 1908) e Margarete “Gretl” nata nel 1915. Eva Braun studia al liceo, ma non è brillante: è la classica “è brava, ma può fare di più”. Dopo gli studi, Eva nel 1929 viene assunta come impiegata nell’atelier di Heinrich Hoffmann, un famoso fotografo che a partire dagli anni Venti diventerà il fotografo di riferimento di Adolf Hitler e del suo Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, un piccolo movimento nazionalista estremista, revanchista, pangermanico, antisemita e fortemente militarista. Le tre sorelle Braun troveranno tutte lavoro nel 1929: “Gretl” presso il medesimo studio di Hoffmann, Ilse presso uno studio medico.
Clarice Petacci detta Clara (o Claretta) nasce a Roma il 28 febbraio 1912 e, come la Braun, è la seconda di tre figli: tra Marcello (nato nel 1910) e Maria (nata nel 1923). Figlia di Giuseppina Persichetti e Francesco Saverio, direttore di una clinica della capitale e molto vicino professionalmente agli ambiente vaticani, la ragazza sogna il cinema e l’arte. A differenza di Eva Braun, Claretta Petacci si sposa il 27 giugno del 1934 con Riccardo Federici, un sottotenente dell’aeronautica militare, separandosi poi il 28 luglio 1936. Gli status sociali delle due donne sono diversi: i Braun sono della classe media bavarese, i Petacci alto borghesi. Le due ragazze hanno diversi interessi, ma se si fa un paragone, Claretta sembra quella più ambiziosa delle due: Eva è frivola, l’altra vuole emergere nell’Italia fascista del tempo.

Eva Braun e Claretta Petacci: come iniziano le relazioni con Hitler e Mussolini nel 1932, l’anno fatale
Il 1932 di Germania (anzi, Repubblica di Weimar) e Italia sono totalmente diversi. Allora al potere nella Repubblica di Weimar ci sono il Reichspräsident Paul von Hindenburg mentre come cancellieri si succedono Heinrich Brüning, Franz von Papen e Kurt von Schleicher. E’ un anno decisivo per le sorti politiche del Paese: quell’anno si tengono ben due elezioni del Reichstag (il 31 luglio ed il 6 novembre), le seste in otto anni. Il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi è la grandissima sorpresa elettorale del periodo, anche se passa da 230 deputati (suo massimo storico) a 196, decrementando i voti dal 37,8% al 33,1%.
Nelle elezioni del 1930 il partito aveva il 18,3 e 107 deputati. Il NSDAP per due tornate elettorali è il partito con la maggioranza relativa e Hitler punta a diventare il nuovo capo del governo (ovvero il cancelliere) e guidare il Paese fuori da una crisi economica, sociale e politica. Il politico di Braunau am Inn il 30 gennaio 1933 riceve dall’allora Capo di Stato, von Hindenburg, l’incarico di cancelliere. Alle elezioni federali del 5 marzo 1933 il NSDAP ottiene il 44% dei voti. Nel 1934, alla morte di von Hindenburg, Hitler si nomina anche Capo di Stato proclamandosi Fuhrer. Le elezioni del 5 marzo 1933 saranno le ultime libere in Germania poiché diventerà una forma di governo ancora più estrema rispetto all’Italia: un regime totalitario, ovvero un regime totalmente idealizzato che controlla tutto e tutti e nelle mani di una persona che comanda ed emana leggi c’è il destino di quello stesso Paese.
In Italia, il 1932 è l’anno X dell’era fascista: il fascismo è da dieci anni al potere, Mussolini è capo del governo (ma non dello Stato) e ha imposto nel Paese un regime dittatoriale antidemocratico: le elezioni sono delle farse; dal 1926 sono imposte le “leggi fascistissime”; l’unico partito legale è il Partito Nazionale Fascista; non c’è libertà di parola e di stampa; tutti i partiti ed i sindacati sono aboliti; i sindaci sono sostituiti dai podestà che sono nominati dal governo per decreto regio; è introdotto il saluto romano come forma di saluto rispettoso. Come riporta lo storico Renzo de Felice, il fascismo in quel periodo è negli “anni del consenso”, ovvero il periodo tra il 1929 ed il 1936 dove il regime ha il pieno appoggio della popolazione che lo lasciava governare senza problemi.
Quell’anno le vite di Eva Braun e Claretta Petacci cambiano per sempre. La Braun non è particolarmente interessata alla politica, ma nello studio di Heinrich Hoffmann dove lavora si fa “politica”: è da tempo il fotografo di riferimento di Hitler e nel 1929, quando è solo uno scapestrato con il sogno di fare politica, conosce Eva Braun ma per entrambi non scocca la scintilla. La vita di Hitler cambia il 18 settembre 1931 quando si toglie la vita la nipote ventitreenne Angelika “Geli” Raubal: la ragazza, figlia di Angela, sorellastra di Hitler, nel 1930 va a vivere con lo zio e quest’ultimo diventa molto protettivo nei suoi confronti, quasi da impedirle di fare la propria vita. Il gesto della ragazza venne considerato un suicidio, mentre tanti (soprattutto per la parte politica avversa a Hitler) suppone che è stato lo stesso ad aver sparato alla nipote, uccidendola.
Eva è colpita dalla notizia della morte della ragazza e della situazione in cui viveva Hitler. In più la Braun, grazie al fatto di lavorare con quello che poi sarà il fotografo ufficiale del futuro Fuhrer, inizia a seguire la politica ed apprezza ciò che stava facendo l’allora 43enne Hitler: se ne infatua e, sapendo che aveva 23 anni in più e non poteva costruire una storia d’amore con lui, si spara. Eva Braun si salva, Hitler lo scopre, lui la va a trovare dove è ricoverata e tra i due scoccherà, finalmente, la scintilla. Dopo una breve frequentazione, i due si legheranno tenendo al riparo la relazione vista la differenza di età e non si lasceranno più.
Claretta Petacci, nel 1932 ha venti anni ed è una ammiratrice di Mussolini. Il duce, 49 anni, è amatissimo da tutto il Paese e sono tante le sue “fan”. A differenza di Hitler, Mussolini è sposato dal 1915 con Rachele Guidi e ha cinque figli legittimi (Edda, Vittorio, Bruno, Romano e Anna Maria) e diversi illegittimi, tra cui quello avuto da Ida Dalser (Benito Albino). I Petacci sono vicini al regime e Claretta gli ha scritto diverse lettere di ammirazione per dimostrargli la sua vicinanza. La vita di Claretta cambia il 24 aprile 1932 sulla via del Mare verso Ostia: la ragazza è sull’auto guidata dal padre con accanto la madre, la sorella Maria ed il futuro marito Riccardo Federici.
Ad un certo punto, la Lancia Astura è sorpassata, a grande velocità, da una Alfa Romeo sportiva di colore rosso. Claretta sa che il capo del fascismo ha quella macchina e sa che è solito andare al mare ad Ostia. Il destino vuole che Mussolini fosse fermo dove la macchina dei Petacci dovesse andare. Clara lo vede, si avvicina per presentarsi e i due iniziano a parlare: il suo amore epistolare da allora diventa concreto, perché l’allora quasi cinquantenne Mussolini, noto tombeur de femme e incline al fascino femminile, allaccia una relazione parallela con la ragazza, anche se due anni dopo si sarebbe sposata. La relazione prosegue anche durante il matrimonio della Petacci: con la fine del matrimonio, Claretta Petacci si avvicina sempre di più a Mussolini diventandone l’amante. Il sogno della giovane si è finalmente avverato.
Eva Braun e Claretta Petacci: le due donne di regime
Né Hitler né Mussolini hanno mai ufficializzato le relazioni con la Braun e la Petacci: il primo perché aveva in mente solo il potere e sapeva di avere una compagna di 23 anni più giovane, il secondo perché sposato e con cinque figli. Tutti però nei ranghi dei due regimi sapevano dei due legami. Eva Braun con la nomina di Hitler a cancelliere e poi di Fuhrer, vede il suo amato sempre meno, ormai impegnato nel suo progetto politico: si sente trascurata, è gelosa ed il 28 maggio 1935 tenta nuovamente di togliersi la vita, ingerendo del sonnifero, ma viene salvata in tempo dalla sorella Ilse. Nell’autunno dello stesso anno Eva smette di lavorare presso lo studio fotografico e Hitler la inserisce nello staff della sua segreteria: in questo modo il Fuhrer la può tenere “sotto controllo” e non farla sentire troppo sola.
Eva è diversa da Hitler: dinamica, sportiva, frivola mentre lui più impegnato a conquistare il Mondo. Con l’inizio della guerra, la Braun si stabilisce a Berghof, una sorta di rifugio personale di Hitler sito nelle Alpi bavaresi e nei tanti filmati che rimangono di quei momenti, si vede una Braun dolce donna di casa ed un Fuhrer diverso dal dittatore sanguinario che stava mettendo a ferro e fuoco l’Europa, messo in ginocchio la Germania e pensato lo sterminio del popolo ebraico in Europa: un uomo sorridente, cosa che non appare da nessuna parte se non al fianco della sua compagna. Nell’autunno di quell’anno, con il nazismo ormai consolidato alla guida del Paese, la ragazza si trasferisce a Monaco di Baviera con la sorella minore.
Dal 1937 la relazione tra la 25enne Claretta ed il duce del fascismo si fa seria e la ragazza da tempo redige una sorta di diario in cui racconta tutto ciò che dice e fa con il suo amante, recandosi anche a palazzo Venezia di persona alla luce del sole. Mussolini invece alla “sua” Clara e alla sua famiglia dà una abitazione nella zona Nord di Roma (abitata da tantissimi gerarchi e personaggi in vista del regime) poco distante da Villa Torlonia (residenza romana dei Mussolini): una casa veramente gigantesca con attrezzature sportive, giardini e con una sorta di security tutti i giorni a vigilare sulla vita dell’amante ufficiale di Mussolini. Amante di Mussolini che veniva considerata una donna fedele (anche se si sapeva che Mussolini tradiva anche lei). Eva e Claretta amano i loro uomini, ma non sanno ancora che questi le porteranno alla morte.
Dal bunker di Berlino a Giulino di Tremezzina fino a piazzale Loreto: le morti di Eva e Claretta
Se il 1944 è considerato come l’anno più duro (ma decisivo) di tutto il secondo conflitto mondiale, il 1945 è l’anno della sua conclusione: dal gennaio di quell’anno si sa che la guerra non sarebbe durata ancora tanti mesi e che a vincere non sarebbe stato l’Asse Roma-Berlino-Tokyo, ma gli Alleati e l’Unione Sovietica. Sono decisivi per la vittoria degli Alleati lo sbarco americano in Normandia: il 6 giugno 1944 oltre cinquemila navi (753 delle quali da guerra) con 150mila soldati sbarca sulla spiaggia di Caen e sulla penisola del Contentin per dar man forte all’Europa contro il giogo nazifascista e dare la sterzata finale al conflitto. Dalla seconda metà del 1944 la guerra sta iniziando a pendere verso gli Alleati e i sovietici: in successione furono liberate Francia (25 agosto), Belgio (3 settembre) e l’11 settembre gli Alleati erano al confine occidentale del Terzo Reich. Tra il 13 ed il 14 febbraio 1945 Dresda, città a 200 km a sud di Berlino, è rasa al suolo con una serie massiccia di bombardamenti aerei ed il 25 aprile dopo aver superato l’Elba, l’Armata rossa è al confine est della Germania.
Eva Braun e Claretta Petacci durante la Seconda guerra mondiale non abbandonano mai né Hitler né Mussolini: la Braun dal febbraio 1945 si trasferisce all’interno del bunker di Berlino (il Führerbunker), mentre la Petacci, dopo la sfiducia del Gran Consiglio del Fascismo a Mussolini il 25 luglio 1943, il 12 agosto 1943 è arrestata dai carabinieri e incarcerata nelle prigioni sotterranee del castello sforzesco di Novara dove sarà liberata il 17 settembre grazie all’intervento tedesco. Con l’agosto 1943 si scopre della relazione tra Mussolini e la sua amante trentatreenne, tra cui anche alcuni vantaggi avuti da lei e dalla famiglia, diventando invisa ai gerarchi fascisti che temevano che potesse mettere in pericolo la vita del duce. Una volta libera, Claretta Petacci poté raggiungere Benito Mussolini sulle rive del Lago di Garda nei pressi di Salò, capitale della Repubblica Sociale Italiana, lo Stato fantoccio nato il 23 settembre 1943 come prosecuzione della guerra in Italia. La sua famiglia si trasferì da Roma nei territori della RSI per poi trasferirsi in Spagna, salvo Marcello che rimase sempre in territorio repubblichino.
Le due ragazze non si sono mai incontrate e nel 1945 vivranno il loro destino fino all’ultimo, crollando con il nazismo ed il fascismo. Nel pomeriggio del 25 aprile 1945 si tenne la storica riunione in arcivescovado a Milano tra Mussolini, il vescovo Ildefonso Schuster (con il compito di moderare l’incontro), il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Francesco Maria Barracu, il ministro della difesa Nazionale generale Rodolfo Graziani e l’ex Ministro delle Corporazioni (e prefetto a Torino e Milano) Carlo Tiengo con i rappresentanti del CLN ossia il comandante dei Corpi Volontari della Libertà, il generale Raffaele Cadorna, l’azionista Riccardo Lombardi, il democristiano Achille Marazza ed il liberale Giustino Arpesani. Il duce è irremovibile: nessuna resa, ma Milano è pronta all’insurrezione. Mussolini, messo alle strette dalla situazione, lascia Milano e fugge con i suoi fedelissimi verso Como e poi verso la Svizzera (dopo aver rifiutato di fuggire in Spagna). L’idea di Mussolini è quella andare al Ridotto della Valtellina a combattere, ma l’ex duce scopre che a combattere al suo fianco sono rimasti in pochi. La Petacci lo raggiunge a Grandola, nei pressi di Como, insieme al fratello Marcello.
La colonna tedesca parte da Como verso Menaggio alle 05:30: onde evitare che Mussolini possa venire scoperto, è fatto salire su un camion carico di militari nazisti e fatto mettere in fondo con l’elmo abbassato ed il bavero del giaccone alzato perché nessuno lo riconoscesse. Il viaggio della colonna termina nel tardo pomeriggio del 27 aprile, nell’abitato di Dongo, a trenta chilometri da nord Como, quando tutti i camion sono fermati e perquisiti da membri della 52ª brigata partigiana Garibaldi “Luigi Clerici” comandata da Pierluigi “Pedro” Bellini delle Stelle. Il partigiano Giuseppe Negri sale sul camion per vedere tutti i militari ed in fondo al camion trova Mussolini, fatto passare per “militare ubriaco”: sono le 18:30 del 27 aprile e Mussolini è portato in una caserma della Guardia di Finanza a Germasino. Poco dopo lo raggiunge anche la Petacci, sulla cui testa non pesa nessun capo d’accusa né una condanna a morte.
Il 28 aprile, Mussolini e la Petacci sono portati a Mezzegra in località Bonzanigo nei pressi di una abitazione degli amici del “capitano Neri” Luigi Canali. Intorno alle ore 15 il Duce e la Petacci salgono su un camioncino e da Bonzanigo si dirigono verso Giulino, frazione di Tremezzina (che nel 1947 diventerà Mezzegra). Sono fatti scendere e Mussolini è portato davanti ad un muro a ridosso del cancello di un’abitazione in via 24 maggio. Si è deciso che l’ex duce del fascismo non sarebbe stato arrestato e processato, ma ucciso: a incaricarsi della sua condanna a morte, Walter Audisio “Colonnello Valerio”. Il mitra di “Valerio” si inceppa e gli è data un’altra arma. Alla Petacci è vietato di avvicinarsi. “Valerio” scarica su Mussolini cinque colpi e uno di questi colpisce la Petacci che si è buttata su di lui per tentare di salvarlo. Muoiono entrambi: sono le 16:10 del 28 aprile 1945, Mussolini ha 61 anni e la Petacci 33.
Quello stesso giorno, poco dopo le h 17, sono uccisi anche Marcello e quindici tra gerarchi, ministri e personalità legate al fascismo e a Mussolini: il primo si getterà nel lago per scappare alla fucilazione ma verrà colpito a morte in acqua, mentre gli altri saranno fucilati da Alfredo “Riccardo” Mardini e da altri partigiani nei pressi del lago. I gerarchi e ministri uccisi sono Francesco Maria Barracu, Luigi Gatti, Augusto Liverani, Ferdinando Mezzasoma, Alessandro Pavolini, Paolo Zerbino insieme a Nicola Bombacci, Paolo Porta, Ruggero Romano, Pietro Calistri, Vito Casalinuovo, Goffredo Coppola, Idreno Utimpergher , Ernesto Daquanno e Mario Nudi. Da Dongo, si decide di portare a Milano tutti i cadaveri, compresi quelli di Mussolini e della Petacci: si decide di portarli in piazzale Loreto, il luogo teatro il 10 agosto 1944 della fucilazione di quindici partigiani uccisi dai nazisti per vendicare l’agguato di viale Abruzzi da parte di soggetti ignoti contro di loro. I tedeschi decisero di vendicare l’agguato uccidendo quindici partigiani dei Gruppi di Azione Patriottica ed i loro cadaveri furono lasciati in strada affinché tutti i milanesi sapessero cosa poteva succeder loro se cercavano di provocare attentati contro i nazisti.
I diciotto cadaveri giunti da Dongo sono adagiati per terra all’alba del 29 aprile 1945. In poche ore in città si diffonde la notizia che il cadavere di Mussolini è in città per terra e migliaia di persone si mossero verso piazzale Loreto per vederlo. La folla inferocita si scagliò contro l’ex duce, ma anche contro il cadavere della Petacci e di tutti gli altri gerarchi. Questi solo alle ore 11 sono tolti da terra e, onde evitare altri oltraggi, appesi alla colonnina di un distributore di benzina. Non vennero appesi tutti ma solo quelli di Mussolini, della Petacci, di Bombacci, Pavolini, Zerbino, Mezzasoma e Barracu: quest’ultimo poco dopo è sostituito con quello di Achille Starace (per otto anni segretario del Partito Nazionale Fascista e fedelissimo del fascismo della prima ora) fucilato dai partigiani accanto al luogo dell’esposizione dei corpi dopo un sommario processo nelle aule del Politecnico.
Alle ore 13 circa i cadaveri di Mussolini e della Petacci vennero portati all’obitorio di piazza Gorini: i corpi furono presi in consegna da alcuni partigiani di un distaccamento della “Crespi” ed analizzati dal dottor Cattabeni. Nella casa di Monaco di Baviera Eva Braun festeggerà il suo ultimo compleanno, dopodiché a marzo si sposta a Berlino nel Fuhrerbunker, posto sotto la sede del Reichskanzlei (la Cancelleria del Reich), Hitler per la sua incolumità non vuole che la segua, ma lei non lo vuole lasciare proprio ora. Nel bunker sono ospitati il Fuhrer, la stessa Eva Braun, gli otto membri della famiglia Goebbels, Bormann, le segretarie di Hitler (Gertraud Junge e Gerda Christian) ed una trentina di persone tra medici e militari.
Nel bunker Hitler dirige l’esercito tedesco negli ultimi mesi di guerra e scoprirà, nonostante il suo credere che la guerra non fosse ancora perdura, che il suo sogno di imporre un Reich millenario era durato solo 12 anni. Dal 16 aprile al 2 maggio (giorno della presa del Reichstag da parte dei sovietici che issano sull’allora parlamento nazista la bandiera dell’Unione Sovietica) si combatte l’ultima battaglia in Europa, la battaglia di Berlino: la Germania capitolò anche per aver un numero di soldati inferiore di tre volte a quello sovietico.
Hitler nel suo bunker, l’ultimo dei suoi quattordici quartier generali, festeggia il suo ultimo compleanno: è perso, deluso, fisicamente provato (gli subentrerà anche un presunto morbo di Parkinson), arrabbiato, ma Eva lo festeggia ugualmente organizzando una grande festa, mentre fuori la città è praticamente chiusa da Alleati e sovietici ed è prossima alla caduta. Hitler capisce che tutto è finito nella riunione del 22 aprile con il comandante della Wehrmacht Wilhelm Keitel, il capo di Stato maggiore della Wehrmacht Alfred Jodl, il capo di stato maggiore delle forze di terra Hans Krebs e Wilhelm Burgdorf, assistente del Fuhrer e già generale di fanteria: la Germania non avrebbe potuto vincere la guerra perché era braccata a est e ovest (e quindi Berlino), non aveva il numero necessario di militari e seguaci per combattere il nemico.
Il 23 ed il 28 aprile Hitler seppe poi che Goring e Himmler lo avevano tradito: il primo voleva che il Fuhrer si dimettesse e che lui prendesse il suo posto; il capo delle SS invece aveva iniziato tempo prima a trattare una sorta di pace separata con gli Alleati che questi gli negarono. Il 29 aprile ad Hitler giunge la notizia della morte di Mussolini e dei fatti di piazzale Loreto: il Fuhrer rimase sgomento. Hitler capì che con la morte dell’alleato anche la sua vita era in pericolo e che in caso di arresto sarebbe stato processato e condannato a morte, o magari passato per le armi senza essere processato. Non voleva che ciò gli accadesse e quindi parlò con la neo moglie e con i suoi seguaci di non voler fare la fine di Mussolini: si sarebbe ucciso ed suo corpo non sarebbe stato dato “in pasto” agli avversari come un trofeo di guerra ma bruciato, cosicché nessuno potesse trovarlo e quindi esporlo. Ne parlò con la Braun, la quale acconsentì.
Quel giorno, tra l’1 e le 3 di notte, Adolf Hitler e Eva Braun si sposarono. Goebbels e Bormann testimoni. Terminata la cerimonia, il Fuhrer si appartò con la sua segretaria personale, Traudl Junge, e le dettò il suo testamento. Hitler il 29 aprile si dimise da Capo di Stato della Germania e, in base al suo testamento, ridisegnò le cariche del Terzo Reich: Karl Donitz divenne il Presidente del Reich e ministro della guerra, Joseph Goebbels nuovo Cancelliere, Martin Bormann capo politico del partito nazista e Arthur Seyss-Inquart ministro degli Esteri. Goebbels si suicidò poi il 1° maggio 1945 (con la moglie Magda e i loro sei figli, tutti avvelenati dalla madre) e al suo posto nominato Lutz Graf Schwerin von Krosigk. L’8 maggio, la Germania si arrende agli Alleati ponendo fine al conflitto in Europa.
I coniugi Hitler si uccisero il 30 aprile 1945 nel primo pomeriggio (intorno alle ore 15:30) in modalità diverse: Eva Braun morì dopo aver spezzato in bocca una capsula di cianuro, mentre Hitler si spezzò un’altra capsula e si sparò nel mentre un colpo di pistola in testa. La Braun non si sparò. Hitler “simulò” l’efficacia del cianuro dando una capsula al suo pastore tedesco Blondi e al suo cucciolo che morirono in pochi secondi. Come da accordi con i presenti nel bunker, i corpi dei coniugi Hitler presi, inseriti in una sorta di “coperta”, portati fuori dal bunker e bruciati nel giardino con oltre venti litri di benzina. Quando l’Armata rossa scoprì il bunker trovò diverse persone suicidate e nel “giardino” scoprì i resti di Hitler e della Braun.
L’allora direttore del KGB, Jurij Andropov, decise che ciò che rimaneva dei coniugi Hitler, dopo attento studio, doveva essere cremato e le ceneri gettate nel fiume Elba il 4 aprile 1970. Dopo la fine della guerra, il Führerbunker fu distrutto e nel 2006 fu innalzata una piantina verticale del bunker con la mappa dello stesso. La famiglia di Eva Braun sopravvisse alla guerra e la sorella “Gretl”, nel 1945, diede alla luce una figlia, che chiamò Eva. La salma della Petacci venne tumulata il 30 aprile in forma anonima presso il campo 16 del Cimitero maggiore di Milano fino al 2 maggio venne spostato nel campo 10, dove vi erano le vittime della RSI, con un falso nome. Dal 1956 la salma della Petacci è nella tomba di famiglia presso il cimitero del Verano di Roma con l’autorizzazione dell’allora Ministro degli Interno Tambroni. Nate a 22 giorni di distanza l’una dall’altra, Eva Braun e Claretta Petacci sono morte a nemmeno quarantotto ore di distanza in maniera diversa. Tragica, ma diversa. Entrambe avevano 33 anni.
L’amore oltre ogni cosa per Eva e Claretta
Entrambe innamorate dei loro uomini, li hanno accompagnati fino all’ultimo istante: Eva Braun (“in Hitler” da meno di un giorno) sapeva benissimo già il giorno prima a cosa andava incontro masticando ed ingoiando quella pasticca, mentre Claretta Petacci probabilmente non sarebbe stata uccisa se non si fosse messa in difesa del suo amato prima che vennero esplosi cinque colpi contro Mussolini. Sia l’una che l’altra sapevano, a partire dall’inizio di quel tragico 1945, che non avrebbero vissuto tutta la vita con i loro uomini, ma hanno comunque continuato a vivere al loro fianco: Eva Braun con la sua spensieratezza e frivolezza, Claretta Petacci con la speranza un giorno che Mussolini avesse lasciato la Guidi per sposarsi con lei, realizzando quel sogno d’amore nato ascoltando da ragazzina la sua voce alla radio, i suoi discorsi sui giornali e le sue adunate oceaniche nelle piazze.
Eva Braun e Claretta Petacci sono state donne forti, ma anche deboli: “forti” perché pur sapendo che i loro uomini le avrebbero portate alla distruzione e che non li hanno abbandonati mai un istante anche nel momento più duro della loro vita, deboli perché hanno trovato in loro il porto sicuro dove vivere, al riparo da ogni problema. Si potrebbe dire che hanno buttato via la loro vita accanto a uomini brutali e sbagliati, ma probabilmente se potessero tornare indietro rifarebbero tutto ciò che hanno fatto. Si dice che “l’amore è cieco” e “muove il sole e le altre stelle”: Eva Braun e Claretta Petacci, diverse per estrazione sociale e obiettivi, sono morte a 33 anni a due giorni di distanza accanto ai due uomini che nelle loro brevi vite le hanno fatte impazzire (d’amore), stare bene e sentire bene. Sono crollate con loro.
Se sulla Braun c’è poca bibliografia, negli ultimi anni si è voluto più approfondire la figura di Claretta Petacci e, a quanto pare, tutto è stata tranne che solo l’ultima amante di Mussolini, ma una donna abile a muoversi nei salotti, nonché arrivista e pronta a tutto. Per il suo amato Benito, per sé e per la sua famiglia. Detto questo, Eva Braun e Claretta Petacci non possono essere giudicate da nulla, né dal tribunale della storia né da un qualsiasi pettegolezzo. Perché come dicevano Blaise Pascal e Dante “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” e “l’amore muove il sole e le altre stelle”. E Eva Braun e Clarice Petacci lo hanno dimostrato.
Bibliografia
AA.VV., (a cura di P. Bianchi e L. Aleotti), Hitler. Pro e contro, dossier Mondadori, Mondadori, Milano, 1972
AA.VV., (a cura di P. Bianchi e L. Aleotti), Mussolini. Pro e contro, dossier Mondadori, Mondadori, Milano, 1972
Chabod F., L’Italia contemporanea (1918-1948), Einaudi, Einaudi, 1970
Petacco A., Italia terra di tesori (nascosti e mai ritrovati), De Agostini, Novara, 1987
Petacco A., L’ uomo della provvidenza. Mussolini, ascesa e caduta di un mito, Mondadori, Milano, 2006
Filmografia
Mussolini ultimo atto (1974) di Carlo Lizzani
La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler (2004) di Oliver Hirschbiegel
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Arrigo Petacco, Eva e Claretta. Le amanti del diavolo, Mondadori, 2017.